Milano, 17 ottobre 1963
A seguito del fulmine che l’ha colpita lo scorso marzo, la città di Milano ha disposto
una nuova indoratura della Madonnina del Duomo.
Dopo un volo di 108 metri, la protettrice dei meneghini è stata accolta nel magazzino principale della Veneranda Fabbrica, azienda a cui è spettato l’onere di dare
nuovamente luce alla Madonnina.
Nessuno avrebbe mai potuto immaginare che alcuni tra i membri dell’equipe
stavano architettando una rapina tanto ambiziosa quanto originale.
L’indoratura richiede che alcune parti della Madonnina vengano smontate
e ricoperte una ad una da foglie d’oro.
Per due mesi, dodici restauratori hanno trascorso ogni giornata in compagnia
della Madonnina milanese.
È Dante Argento, capo cantiere, a proporre ai suoi colleghi il piano del secolo:
realizzare una copia della Madonnina da sostituire a quella originale.
Ogni sera, quando il dirigente dei lavori lasciava l’equipe, Argento e i suoi collaboratori
si mettevano all’opera per realizzare i calchi in gesso delle parti smontate della grande statua. Il piano sembrava infallibile, ma Argento non aveva tenuto conto del fattore emotivo. Giulio Sforza, apprendista coinvolto nella rapina, avrebbe dovuto fondere
la mano destra della statua dopo averne realizzato il calco, ma ha avuto un ripensamento, e lo scorso venerdì ha deposto alla polizia di Milano. Nel quartier generale dell’operazione sono stati ritrovate delle riproduzioni in gesso della statua. Dante Argento e i suoi undici complici sono stati arrestati per crimini allo Stato italiano.
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